Alla struttura territoriale definita prevalentemente dal bacino idrografico del fiume Ofanto corrisponde una complessa stratificazione insediativa, in particolare nel suo medio e basso corso. Tramite diretto tra versante tirrenico e versante adriatico l’ampia valle del fiume si è configurata quale elemento territoriale primario per lo sviluppo dell’insediamento dall’età prepotostorica a quella contemporanea. Confine, e non frontiera, e dunque elemento di mediazione tra popolazioni peucete e daune, e tra queste ultime e le popolazioni delle colonie greche di Taranto e Metaponto attraverso il corso del Bradano, il fiume Ofanto, che già in età neolitica aveva conosciuto in insediamento in villaggi, tuttavia meno denso di quello di cui si è a conoscenza per altre valli come quelle del Cervaro e del Celone, nell’età del Bronzo costituisce un fortissimo elemento di attraversamento in direzione NE-SO, come del resto del Cervaro.
Questa modalità messa in relazione tra Lucania (territorio di Lavello, Venosa e Melfi) e il versante pugliese adriatico è messa in valore da un sistema di viabilità secondaria sviluppatosi e strutturatosi in età romana.
I principali centri urbani o villaggi delle destra idrografica del fiume, Bardulos (Barletta), Cannae (Canne), Canusium (Canosa), Venusia (Venosa), alcuni dei quali potenti avamposto della colonizzazione romana nella regione in età repubblicana, sono infatti collegati da vie (Canusium-Venusia, Canusium-Cannae, Cannae-Bardulos) che corrono parallele al corso del fiume e, almeno in un caso (la via Canusium-Cannae-Salapia), lo attraversano sfruttando u guado nei pressi dell’insediamento di Canne.
È indubbiamente Canosa, grande centro daunio, poi romanizzato e successivamente elevato a colonia imperiale, ad aver fatto i maggiori benefici dalla vicinanza al fiume e dalla posizione favorevole, su una collina nei pressi del principale guado del fiume, valorizzato del ponte romano ancora visibile.
L’ager canusium, già nella sua fase daunia, doveva ricomprendere vasti territori della valle del fiume. Sito pluristratificato tra i più importanti in Puglia, Canosa, già in età repubblicana, ma soprattutto in età imperiale, organizza un tessuto produttivo di grande rilievo per l’economia della regio Apulia et Calabria pe per l’economia italica in generale.
La ricerca archeologica ha potuto individuare e datare un centinaio di insediamenti, tra villae, fattorie e vici, nel basso corso dell’Ofanto, orientati in gran parte alla produzione cerealicola (a nord della faglia dell’Ofanto), vinicola e olivicola (a sud della faglia, dove formazione sabbiosa permeabili e la conformazione morfologica della Premugia rendevano conveniente uno sfruttamento intensivo del suolo).
In età imperiale il corso del medio e basso Ofanto se da un lato rafforza il suo ruolo territoriale e produttivo, dall’altro inizia a perdere i suoi caratteri di confine: le grandi direttrici viarie romane nella regione (Appia, Traiana, Litoranea) gerarchizzando ad un livello più basso la viabilità di fiume, privilegiando quella direzione NO-SE che sarà ereditata dalla viabilità medievale, moderna e contemporanea.
La valle dell’Ofanto, con la crisi della fine del VI secolo, sino a tutto il VII secolo, dovuta alla generalizzata crisi dei sistemi insediativi e agrari romani e probabilmente, da un punto di vista politico-militare, alla guerra greco-gotica, vede l’abbandono di tutti i siti rurali gravitanti sul fiume. Alla crisi del tessuto produttivo corrisponde, in un rapporto di causa-effetto, la crisi della civitas di Canosa e della sua diocesi, protrattasi durante la prima fase dell’occupazione longobarda, che interessò anche i centri minori del comprensorio ofantino (Canne, Barletta).
La seconda fase dell’occupazione longobarda, condotta da Benevento, dalla fine del VII secolo, restituisce a Canosa e alle campagne del comprensorio ruolo politico, religioso, militare, amministrativo e produttivo. Il territorio del gastaldato di Canosa comprendeva infatti buon parte della Terra di Bari.
L’esperienza dell’emirato saraceno di Bari, nel IX secolo, decretò il declino del ruolo politico-amministrativo di Canosa e della sua influenza sul territorio circostante.
Da un punto di vista strategico, nell’alto Medioevo, è l’alta valle dell’Ofanto ad assumere in ruolo di primo piano.
Il fenomeno dell’incastellamento bizantino e normanno interessa in primo luogo quest’area, limes tra Catepanato e Langobardia, e poi primo centro di insediamento normanno (Melfi), da cui inizia la penetrazione verso L’Adriatico e lo Ionio attraverso le valli dell’Ofanto e del Bradano. Nella valle, tuttavia, i percorsi di attraversamento traversali sono dominati, rafforzati dalle direttrici della pastorizia transumante che, embrionalmente in età normanno-sveva, e in maniera più strutturata nella tarda età angioina e aragonese, viene regolata della “Dogana della mena delle pecore”, dalla metà del XV secolo ai primi del XIX secolo.
Il sistema di locazioni, poste, riposi, masserie e viabilità tratturale, maggiore e minore, non riconoscono la valle come sistema originale e dotato si una sua precisa identità territoriale, ma in prevalenza come linea di attraversamento da parte di flussi sovradeterminati ai caratteri economici e territoriali locali.
Una straordinaria rappresentazione cartografica del sistema insediativo lungo l’asse dell’Ofanto è rappresentata dalla carta seicentesca conservata nell’archivio Doria Pamphili presso l’Archivio di Stato di Potenza.
Il documento cartografico raffigura un’area molto vasta che comprende parte delle provincie storiche di Principato ultra e Citra, Basilicata, Capitanata e Terra di Bari.
I limiti sono costruiti dalla linea Salerno-Cava-Avellino ad ovest; dalla strada consolare del ponte di Canosa ad Avellino per Cerignola, Bovino, Ariano, Grottaminarda a nord; Barletta e la foce dell’Ofanto a est; “la strada vecchia da Gravina in Salerno ed in Napoli” a sud.
Il valore della rappresentazione cartografica è dato dalla sistematica ricognizione della rete viaria che insiste sul bacino dell’Ofanto e in senso più lato sull’asse trasversale fondamentalmente delle comunicazioni tra le sponde adriatica e quella tirrenica del Regno, tra la strada consolare di Puglia a nord e la strada da Gravina per Potenza e Salerno a sud.
Per molti aspetti la carta dell’Ofanto è un documento unico e di notevole interesse storico perché consente di ricostruire, sia pure con molti limiti, le principali relazioni viarie tra i 65 centri abitati raffigurati.
(di Giuseppe Carlone, tratto da “L’identità storico culturali della BAT” in “Il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Barletta Andria Trani. Città e Paesaggi”, Nicola Martinelli, Giuseppe Carlone, Adda Editore, 2015)
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