LA VALLE DELL’OFANTO ATTRAVERSATA DAL GRAND TOUR FRA SETTECENTO E OTTOCENTO
La Valle dell’Ofanto verrà attraversata dagli itinerari del Grand Tour lungo la direttrice adriatica, da e per Brindisi (da quest’ultima a sua volta verso Taranto o verso l’imbarco per la Grecia, per i viaggiatori più temerari interessati alle origini della classicità). I flussi si concentreranno lungo la via Appia Traiana e lungo quella che sarà poi la SS16 litoranea (a partire dalla prima metà del XIX sec.), scavalcando il Fiume rispettivamente sul Ponte Romano di Canosa e su quello di Barletta (i cui resti sono oggi visibili in Loc. Cittiglio in agro di Barletta e Trinitapoli).
La Valle, nell’intero viaggio verso Brindisi, sarà una parentesi lunga circa 10.000 metri (5.405 passi napoletani) dall’ultimo ciglio della “Tabula” di Capitanata al il primo gradino pre-murgiano; da Monte Gentile in agro di Cerignola fino ai resti della Basilica di Santa Sofia a Canosa, quando la vista della Valle scompare alle spalle per entrare nel vallone della Marchesa.
Al Fiume saranno dedicati i due acquerelli di Louis Ducros nel 1778, quelli del “Ponte Romano di Canosa” e la “Veduta della Piana di Canne della Battaglia”. Il versante sud est della Valle invece, posto in destra idrografica – sul quale sono presenti le due propaggini ofantine con le rocche di Canosa e di Canne – sarà lo sfondo sul quale saranno collocati i soggetti più comuni ripresi dai viaggiatori in transito sulla via Traiana con direzione Brindisi. Nel rispetto dei canoni distintivi del Gran Tour, lo stile sarà quello di vedute idilliache di una terra opulenta e ipnotica, abitata da pastori, costellata di rovine monumentali periurbane della Canusium imperiale (uno dei pochissimi scorci lungo l’area adriatica dove è possibile cogliere i caratteristi distintivi della urbs romana presenti a Roma lungo la via Appia e a Pompei lungo via Nocera e via Napoli). Lo stesso Louis Ducros (1778) e poi ancora Saint Non (1781) riprenderanno in primo piano i resti del Mausolei Bagnoli e Barbarossa, l’arco Terenzio Varrone e sullo sfondo il Castello di Canosa posto sulla sommità del pomerio ofantino dei Quaranta Martiri.
Nell’esperienza del Gran Tour il viaggiatore si relaziona ad una nuova mappa concettuale delle origini, ricercandola in una dimensione non più religiosa del pellegrino che vuole accrescere i propri meriti agli occhi del Signore, ma in quella laica; per accrescere la propria cultura alle fonti della tradizione classica, rinnovata poi dai maestri del Cinquecento. Lo studio dei resti dell’antichità, che prima coinvolgeva un ristretto gruppo di umanisti e di artisti, ora diventa passione per le rovine, generando un fenomeno che, fatte le debite proporzioni, potremmo definire di massa.
Nelle belle pagine di Alessandro Beltrami, pubblicate su Avvenire del 14 gennaio 2022 per presentare la Mostra a Milano sul Grand Tour “Un sogno collettivo chiamato Grand Tour”, [l’Italia agli occhi dei viaggiatori stranieri si è fatta paesaggio. ……Il popolo stesso è una delle attrazioni del viaggio. Vi si riconoscono una bellezza innata e costumi incorrotti legati al ciclo della natura e a tradizioni ancestrali. L’Italia, con il suo cattolicesimo dai tratti pagani (è forte la componente protestante tra i viaggiatori) è una terra magica e insieme un fossile vivente. ….. le vedute ideate con rovine rimandano a una età dell’oro con però un senso di malinconia che ne costituisce il tratto più “contemporaneo”. L’antichità vista da questi uomini è una mitica terra di giganti. L’iconografia con i viaggiatori che vanno a visitare gli scavi dell’antichità, grandi grotte popolate di sculture misteriose, sembra essere un modello per la fantascienza in cui esploratori di pianeti sconosciuti si imbattono nelle testimonianze colossali di civiltà perdute].
Il Grand Tour è vissuto come un irrinunciabile battesimo culturale dalle élites europee del Settecento. Compariranno termini come “ospitalità”, “guida”, “memoria”. Chi lo compie sentirà il bisogno di testimoniare la propria esperienza al suo rientro e di guidare altri visitatori nel viaggio; di portare con sé in patria segni tangibili del proprio viaggio, adoperandosi per dipingere vedute, procurarsi originali o copie di opere d'arte antiche e il maggior numero possibile di souvenirs del proprio Grand Tour italiano. È la nascita dell'industria dell'antico e del bello, un curioso fenomeno di domanda e offerta di guide turistiche, ricordi dei luoghi visitati, attorno a cui si crea una galassia di figure professionali, dal vedutista, alla guida, dallo scavo al restauro, alla valutazione e al commercio.
I Luoghi del Grand Tour, se alle origini intesi come luoghi di “estrazione”, negli ultimi anni del fenomeno diventeranno il contesto per inoculare idee di libertà e di rinnovamento culturale (quelle della Rivoluzione Francese) in una parte di sud lontana da Napoli, trasformando lo stesso Grand Tour anche come fenomeno di integrazione interculturale.
Ancora Alessandro Beltrami [L’interesse contemporaneo verso il Grand Tour non è soltanto storico o nel fatto che abbia generato il turismo, la cui dimensione massificata e globalizzata è un prodotto sulla lunga distanza, più che del viaggio di formazione settecentesco, della sua evoluzione ottocentesca in viaggio sentimentale. Forse il motivo principale sta nel fatto che il Grand Tour abbia fissato l’immagine canonica dell’Italia, del suo paesaggio e del suo patrimonio culturale. E che l’abbia fissata non solo nell’immaginario occidentale ma, soprattutto, in quello degli stessi italiani. Il Grand Tour è stato un fenomeno culturale che ha avuto l’Italia come campo degli eventi ma con un meccanismo propulsore esterno. È stato una proiezione, un desiderio: un “sogno”, una storia di un incantamento: «Dappertutto emergono le macerie della storia, tutto tace come sotto la forza di un incantesimo» appunta Ferdinand Gregorovius].
Nel nuovo panorama nazionale e regionale la mobilità cambia rapidamente, aggiungendo agli stessi valori del Grand Tour, che oggi appaiono straordinariamente contemporanei, quelli della Sostenibilità e della Lentezza.
(Mauro Iacoviello 2021)
Saint Non Richard “Voyage Pittoresque ou de scription des Royaume de Naples et de Sicilie” 1781-1786
(Veduta del Ponte di Canosa sull’Ofanto, “Gli acquerelli di Louis Ducros 1778, quattro gentiluomini un pittore di paesaggi la Puglia del Grand Tour”, Scorpione editore, 2008)
(Veduta nei pressi dell’arco di Traiano sulla via Appia e dell’antica tomba, al margine della via, “Gli acquerelli di Louis Ducros 1778, quattro gentiluomini un pittore di paesaggi la Puglia del Grand Tour”, Scorpione editore, 2008)
